La revoca del titolo commerciale: sanzione, autotutela o decadenza?

Nel diritto amministrativo, ai fini della relativa qualificazione, gli atti amministrativi vanno notamente interpretati non solo in base al tenore letterale, ma soprattutto risalendo all’effettiva volontà dell’Amministrazione e al potere concretamente esercitato.

In ossequio a tale principio, il Consiglio di Stato riunito in adunanza plenaria, con la pronuncia n.18/2020, ha chiarito la differenza della revoca in autotutela di un provvedimento amministrativo rispetto alla decadenza e all’irrogazione di una sanzione.

Di qui la specificazione che la decadenza, intesa quale vicenda pubblicistica estintiva, ex tunc (o in alcuni casi ex nunc), di una posizione giuridica di vantaggio, è istituto che, pur presentando tratti comuni col più ampio genus dell’autotutela, ne deve essere opportunamente differenziato, caratterizzandosi specificatamente: a) per la mancanza di una norma generale quale quelle prevista dall’art. 21 nonies della L. n. 241/90 che ne disciplini presupposti, condizioni ed effetti; b) per la tipologia del vizio, di solito individuato nella falsità o non veridicità degli stati e delle condizioni dichiarate dall’istante, o nella violazione di prescrizioni amministrative ritenute essenziali per il perdurante godimento dei benefici, ovvero, ancora, nel venir meno dei requisiti di idoneità per la costituzione e la continuazione del rapporto; c) per il carattere vincolato del potere, una volta accertato il ricorrere dei presupposti.

Per contro, il diverso istituto della sanzione, si differenzia in ragione: a) della rilevanza, ai fini dell’integrazione dei presupposti, dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa; b) del perimetro dell’effetto ablatorio prodotto.

Detto ciò, le fattispecie di revoca del titolo commerciale individuate dall’art. 22, co. 4 del D.L.vo n.114/98 (“Riforma della disciplina relativa al settore del commercio”) e declinate nelle varie leggi regionali – e cioè nel caso di avvio dell’attività di vendita oltre il termine massimo, di sospensione ingiustificata dell’attività di vendita, di perdita dei requisiti, di violazione delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria avvenuta dopo la sospensione dell’attività di vendita – paiono quindi riconducibili a situazioni nelle quali l’atto dell’Amministrazione è dovuto e vincolato, espressione di un potere ad avvio doveroso, libero da valutazioni inerenti il pubblico interesse e, come tale, rientrante nella più generale categoria della cd. revoca sanzionatoria.

A ciò si approda anche adottando un’interpretazione teleologica: detta particolare specie di revoca prevista in materia di commercio è, infatti, preordinata a sanzionare l’inerzia del titolare dell’autorizzazione commerciale (la cui condotta omissiva finirebbe per ledere gravemente l’interesse pubblico alla distribuzione sul territorio e all’effettivo funzionamento delle attività commerciali -cfr. TAR Piemonte, n. 1019 del 16.9.2013-) al ricorrere di ipotesi normativamente previste, certe e predeterminate, e non è volta a effettuare una rivalutazione dell’interesse pubblico al mantenimento del provvedimento autorizzatorio.

Inoltre, vertendosi nella specie in materia di provvedimenti autorizzatori, e non di provvedimenti concessori, è – in termini generali e di per sé – assai più limitato il potere di ingerenza riconosciuto in capo alla P.A., atteso che: (i) mediante il provvedimento autorizzatorio, l’Amministrazione si fa carico di rimuovere un limite legale posto all’esercizio di un’attività riguardante un diritto soggettivo o una potestà pubblica che devono necessariamente preesistere in capo al destinatario; (ii) di talché, a differenza della concessione, con riguardo alla quale la PA mantiene, nello svolgimento del rapporto, un potere di direzione, sostituzione e revoca, nell’autorizzazione, di contro, l’amministrazione è titolare di un mero potere di vigilanza sullo svolgimento delle attività autorizzata in forza del quale può adottare esclusivamente revoche di natura “sanzionatoria”.

Così da ultimo, sulla finalità sanzionatoria della revoca della licenza commerciale, si sono espressi il Consiglio di Stato, Sez. II, n. 5829 del 9 agosto 2021, TAR Liguria, n. 27/2022 del 10 gennaio 2022, su altra fattispecie, e Tar Emilia, Bologna, n. 57/2022 del 25 gennaio 2022 (che, invero, nel corpo della motivazione richiama Tar Lazio Roma, n. 6479/2011, che pare rifarsi – in ragione della non limpidezza del linguaggio legislativo – piuttosto all’istituto della decadenza  “…la revoca a seguito di inattività protratta per il periodo normativamente previsto costituisce una decadenza ex lege che si pone quale atto dovuto di natura ricognitivo dichiarativa…”).

Va da sé che la differenziazione rispetto alla revoca del titolo commerciale quale esercizio del potere di autotutela non si risolve in una disquisizione teorica, atteso che, in tal modo, si circoscrive evidentemente lo spazio di manovra dell’Amministrazione, si puntella l’esercizio del potere pubblico e si amplia il perimetro dei rimedi azionabili per la tutela dell’esercente commerciale che voglia far valere le proprie ragioni.

A cura dell’avv. Carola Ragni

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