Natura giuridica degli atti unilaterali d’obbligo

Il termine decennale previsto dall’art. 114, comma 1, del c.p.a. in ogni caso può essere interrotto anche con un atto stragiudiziale volto a conseguire quanto spetta in base al giudicato

Con la sentenza n. 24 del 4.12.2020, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è intervenuta in relazione al termine per la proposizione del giudizio di ottemperanza ex art. 114 co.1 c.p.a., termine che è pari a “dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza”.

Nella pronuncia in commento, l’Adunanza Plenaria prende in primo luogo posizione in merito alla questione relativa alla natura del termine di cui si tratta, stabilendo come lo stesso debba essere qualificato come termine di prescrizione dell’azione di ottemperanza. Sul piano letterale, infatti, il legislatore, nel disciplinare tale termine, si è espressamente riferito all’“azione” e non già ai diritti.

Ma la parte più rilevante della pronuncia in commento è quella finale in cui si afferma che il termine di prescrizione per la proposizione del ricorso di ottemperanza è sempre “interrompibile” posto che il legislatore “ha ritenuto di non trasporre in legge il principio che la sentenza dell’Adunanza Plenaria n.5 del 1991 e la giurisprudenza avevano enunciato, in assenza di una specifica disposizione di legge” in materia.

Infatti, l’Adunanza Plenaria chiarisce – superando i diversi orientamenti giurisprudenziali – che detto termine possa essere interrotto, anche quando la sentenza da eseguire abbia ad oggetto interessi legittimi, da atti stragiudiziali e ciò in applicazione dei principi generali di cui agli artt. 2943 e 2953 c.c.-

In particolare, nella sentenza si sottolinea come la scelta del legislatore sia “stata … quella di disporre regole unitarie per l’actio iudicati, quanto al tempo della proposizione del ricorso d’ottemperanza, con riferimento sia ai diritti che agli interessi: ubi lex non distinguit, nec nos distinguere debemus”, nonché come “il rimedio del ricorso d’ottemperanza” debba essere “visto come extrema ratio per ottenere in sede di giurisdizione di merito l’esecuzione del giudicato, qualora in sede amministrativa (e dunque in via stragiudiziale, n.d.r.) non vi sia stata una definizione della questione conforme al giudicato stesso, a seguito dei contatti eventualmente intercorsi tra le parti”. Una diversa statuizione, infatti, comporterebbe una disparità di trattamento e di tutela tra il giudicato civile e quello amministrativo in contrasto con gli artt. 3,103 e 113 della Costituzione, considerato altresì che sussiste in capo alla pubblica amministrazione l’obbligo di dare attuazione, d’ufficio, al giudicato in virtù del principio costituzionale del buon andamento dell’azione amministrativa.

Di seguito si riporta l’Adunanza Plenaria n. 24 del 4.12.2020

Cons. Stato Ad. Plen. n.24:2020

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